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Come Lavoriamo

Ci miglioriamo ogni giorno, cercando la perfezione

La selezione prima di tutto

Il nostro modo di lavorare, parte da un accurata scelta dei caffè crudi, di importazione prevalentemente originari del Sud America, Africa a Asia. L’origine e le modalità di raccolta, per noi sono davvero importanti: analizziamo a campionatura ogni partita di caffè verde, scegliendo solo quelli di prima fascia e delle piantagioni migliori.

Questa attenzione particolare della scelta dei caffè viene seguita da due fasi delicatissime: miscelazione e tostatura. Utilizziamo una tosatrice a gas, con tempi di tostatura che variano tra i 18 minuti e i 22 minuti in base al tipo di caffè che stiamo utilizzando. Ogni miscela viene studiata e analizzata con particolare attenzione ai principi chimici di ogni qualità in modo che essi leghino senza variare la vera natura di ogni tipo di caffè.

Una volta tostato lo facciamo riposare per almeno 2 giorni in grandi silos per dar modo che il caffè sprigioni il suo aroma e raggiunga una temperatura stabile. Una volta finito questo processo procediamo all’assaggio e se tutto ci soddisfa allora procederemo alla macinazione e divideremo il caffe: una parte verrà destinata alle nostre capsule o cialde compatibili, l’altra verrà impacchettata  uso bar o con moka.

Selezione rigida, tradizione e qualità

Importiamo il caffè crudo da tutto il mondo e lo tostiamo mantenendo un alto standard qualitativo.

La tostatura

Prepariamo il caffè con due differenti metodi le miscele di specie Arabica, o di Arabica e Robusta. Quello adottato dalla maggior parte delle aziende artigiane consiste nel mescolare numerose origini e specie prima della cottura, poche decidono di tostare le singole origini da miscelare in seconda battuta. Il maestro di tostatura esperto sa scegliere i tipi da unire e li combina in percentuali che rendono eccellente l’insieme.
Miscelato in giusta proporzione, il caffè verde di vario tipo scende dalla tramoggia al tamburo della macchina di torrefazione alimentata a gas o a legna, a fuoco diretto o indiretto.
Nel forno, in una frazione di tempo lunga dai 15 ai 18 minuti, alla temperatura di circa 250° gradi i chicchi prendono un colore che varia da “tonaca di frate” al bruno scuro e si trasformano: perdono umidità, perdono peso e raddoppiano di volume.
L’abilità e l’esperienza del torrefattore modulano l’esito del processo produttivo e assicurano il godimento di un piacevole caffè in tazza. La scelta del punto giusto di tostatura e affidata alle sue mani, cosi come lo sviluppo del complesso aromatico dei chicchi di caffè.
A differenza della maggior parte di aziende artigiane, le grandi torrefazioni industriali procedono alla tostatura in forni a convenzione d’aria che, con l’aiuto di strumenti elettronici, misurano la temperatura del chicco e dell’aria circolante: il punto automatico di tostatura corrisponde a un determinato rapporto tra esse.

Mission

La nostra mission consiste nell’unire i metodi di lavorazione antica a tutte le innovazioni che richiede il mercato, senza mai perdere di vista gli insegnamenti che i nostri predecessori ci hanno tramandato.

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Video introduttivo sul caffè

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 Storia del caffè

Storia del caffè.

Non si conosce con precisione la vera origine della bevanda più consumata al mondo, tra i vari racconti o meglio tra le varie leggende, la più accreditata sembra essere quella del pastore Kaldi. Ci troviamo a Kaffa nell’Etiopia Occidentale, si narra che questo pastore fu incuriosito dal comportamento particolarmente agitato delle proprie capre, osservando meglio e seguendo i loro spostamenti le notò mangiare alcuni piccoli frutti rossi. Così decise di portare queste bacche presso un monastero, qui non furono accolte con curiosità e vennero gettate sul fuoco, credendo fossero opera del demonio. Ed è proprio qui che avvenne la magia, quando i semi iniziarono a bruciarsi si alzò nell’aria un aroma intenso e soave. A questo punto decisero di macinare e preparare una bevanda e sperimentare se l’effetto che aveva sulle capre si poteva riscontrare anche sugli esseri umani. La bevanda oltre ad essere apprezzata per il sapore, riuscì a tenerli svegli durante le loro lunghe preghiere, ed è così che ne ottenne la beatificazione. Si pensa che la prima bottega del caffè sia nata a Costantinopoli, poi successivamente sarebbe giunta nello Yemen, dove la sua diffusione ebbe maggiore riscontro, ben presto, l’uso di bere caffè ebbe ripercussioni politiche e religiose e le botteghe vennero bandite, però alla fine prevalse la domanda popolare e i bandi furono levati. In Europa il caffè si diffuse nel XVII secolo, ma dapprima per uso medico, e solo in seguito come bevanda. La prima bottega in Europa la possiamo trovare in Olanda, successivamente si diffuse anche in Francia e a Vienna. Da qui in poi la bevanda cominciò ad essere apprezzata in quasi tutte le parti del mondo fino ad arrivare ai giorni nostri in cui risulta essere la bevanda più amata e consumata al mondo.

La pianta

Esistono più di 80 specie diverse di piante di caffè, ma solo due sono largamente coltivate, l’Arabica e la Canephora (Robusta). La pianta del caffè cresce in tutta la fascia tropicale del paese, ed è formata da radici, stelo e foglie, e successivamente in maturazione dai frutti, dette anche ciliegie o drupe, si notano considerevoli differenze a seconda della varietà coltivata, varietà diverse danno quantità diverse di fiori e diverse tonalità di colore, in talune i frutti sono riuniti in grappoli, in altre sono uniformemente distanziate lungo il ramo, un coltivatore in genere dovrà attendere tre anni prima che la pianta fruttifichi adeguatamente. Gran parte delle piante di caffè da un solo raccolto l’anno, ci vogliono nove mesi perché i frutti siano pronti per la raccolta. Le drupe o ciliegie non maturano uniformemente, per questo motivo il produttore si ritrova di fronte a una dura scelta da prendere, se raccoglierle tutte in una volta e di conseguenza ritrovarsi anche ciliegie non mature, oppure pagare i raccoglitori una seconda volta per effettuare un secondo passaggio di raccolta a maturazione avvenuta. La pianta del caffè può raggiungere anche i dodici metri di altezza, e cresce a partire dalle zone pianeggianti fino alle alture della montagna, la sua vita può arrivare anche ad oltre 50 anni, ma verso gli ultimi anni diventa poco produttiva. La prima pianta conosciuta è la pianta denominata Typica, ed è originaria dell’ Etyopia, successivamente per scopi commerciali sono stati creati diversi incroci che hanno portato alla creazione di altre varietà botaniche della pianta stessa. Per citare le più conosciute abbiamo oltre alla Typica, la Bourbon, la Geisha, la Mundo Novo, la Caturra, la Catuai, la Pacamara, la Pacas e molte altre.

Il frutto

Come accennato nei capitoli precedenti il frutto della pianta del caffè può essere indicato con il termine ciliegia o ‘’drupa’’, le sue dimensioni dipendono dalla varietà della pianta, ma grossomodo raggiungono la grandezza di un acino di uva. I suoi semi sono i chicchi di caffè, e rappresentano gran parte del volume del frutto. Di base nel 95 % dei casi la ciliegia è composta da due chicchi, disposti uno di fronte all’altro, per il restante 5% possiamo trovare un chicco solo, e in questo caso viene indicato con il termine peaberry o caracolito. La drupa in base alla varietà botanica in maturazione, può essere di diversi colori, rossa, gialla o arancio, solitamente i produttori prediligono le piante dai frutti rossi, in quanto è più facile riconoscere quando il frutto è maturo, per gli altri due il compito è più difficile. La maturazione della drupa passa dal verde poi diventa gialla e infine diventa di colore rosso, ed è proprio per questo che le drupe rosse sono più facili da identificare nel momento della raccolta. La composizione interna della drupa è così suddivisa: nella parte più esterna troviamo la buccia, subito dopo troviamo la polpa, poi ancora il pergamino, la pellicola d’argento e infine il chicco di caffè.

Il metodo di raccolta

Il momento della raccolta è un passaggio molto importante e può decretare l’aspetto qualitativo del caffè. Si utilizzano soltanto tre metodi: il picking, lo stripping e la raccolta a macchina. Il picking è un tipo di raccolta manuale, e resta il metodo più efficace, in quanto i raccoglitori possono selezionare le ciliegie mature lasciando i frutti ancora acerbi per essere prelevati in un secondo momento. E’ il metodo di raccolta più duro e più costoso, e necessita di molta manodopera. Lo stripping è un altro metodo di raccolta manuale, ma a differenza del primo vengono strappate le ciliegie tutte insieme dal ramo, è un sistema più veloce però meno accurato, perché non si vanno a dividere le drupe mature da quelle ancora in maturazione. Infine abbiamo la raccolta a macchina che avviene fondamentalmente scuotendo le piante fino a quando i frutti non si staccano e cadono per terra, questo metodo di raccolta può essere usato soltanto nelle coltivazioni con terreno pianeggiante, anche quest’ultimo sistema ha lo svantaggio di prelevare dei frutti che non hanno ancora raggiunto il giusto grado di maturazione, il costo produttivo è inferiore agli altri due ma a pagarne il prezzo più alto è la qualità complessiva.

Metodo di lavorazione

Una volta raccolto il caffè troviamo quattro metodi di lavorazione dei crudi, ed è indubbio che il tipo di lavorazione influisca notevolmente sulla qualità della tazzina. Abbiamo il metodo naturale, il semi-naturale (detto honey), il semi-lavato ed il lavato. Il metodo naturale viene denominato metodo a secco è un tipo di lavorazione molto usato per i robusta e per i caffè brasiliani, le ciliegie vengono messe ad asciugare al sole su patios in cemento o su letti sospesi, dove vanno rivoltate con regolarità per evitare muffe o fermentazione per almeno 15­­-20 giorni, finito questo processo tramite delle macchine decortatrici viene rimossa la buccia esterna e la polpa, lasciando il chicco pronto per stare a riposo e successivamente spedito. Il metodo honey è un metodo di lavorazione simile a quello naturale, l’unica differenza consiste nel momento della spolpatura dove le macchine vengono regolate per lasciare una percentuale di polpa sul chicco e successivamente vengono messi ad essiccare con quest’ultima. Questo tipo di lavorazione risulta più complesso rispetto al metodo naturale in quanto la presenza di mucillaggine o di polpa al momento dell’essiccazione può portare al rischio che i chicchi di caffè si possono incollare tra di loro portando allo sviluppo di muffe, quindi la movimentazione deve avvenire con più costanza ed accuratezza. Nel metodo semi-lavato il caffè dopo la raccolta viene messo in una vasca di galleggiamento dove le ciliegie mature vanno in fondo mentre quelle ancora acerbe restano a galla, una volta selezionate le ciliegie mature, vengono spolpate e poi brevemente essiccate, successivamente vengono decortificate portando all’eliminazione del pergamino e si prosegue nuovamente con l’essiccazione fino a portare i chicchi ad un’umidità tra l’11 e il 12 %, questa seconda essiccazione conferisce al chicco un color verde vivo. Il metodo lavato è uno dei metodi più dispendiosi, anche qui le ciliegie passano da una vasca di galleggiamento per portare alla divisione delle drupe mature da quelle ancora in fase di maturazione, subito dopo la buccia e la polpa vengono eliminate, il caffè passa di nuovo in una vasca o in una corrente d’acqua, dove vengono eliminati anche gli ultimi residui di polpa tramite fermentazione, finito questo processo il caffè è pronto per l’essiccazione, rispetto agli altri metodi di lavorazione il caffè lavato presenta una maggiore ricchezza di sapori ed una maggiore acidità.

Arabica e Robusta

Tra le tante varietà di specie di piante di caffè, solo due sono di largo consumo a livello mondiale: l’Arabica e la Robusta (detta anche Canephora). Sono molto diverse tra loro per condizione climatica, ma soprattutto per le caratteristiche sensoriali. La Robusta fu scoperta nel Congo verso la fine del XIX secolo, e subito se ne colsero le potenzialità commerciali, è meno diffusa dell’Arabica ma rappresenta circa il 40% della produzione mondiale. Tra le sue caratteristiche fondamentali abbiamo l’alta resistenza ai parassiti (dalla quale deriva il nome di Robusta) e l’alta quantità di caffeina che varia tra il 2 e il 3,5%, inoltre è molto consumata ed apprezzata soprattutto in Italia per la sua cremosità. Qualitativamente è considerata meno pregiata rispetto all’Arabica, cresce ad un’altitudine che varia dai 200 ai 600 metri, ed ha solo 24 cromosomi. Solo negli ultimi anni grazie all’aiuto degli scienziati, che hanno cominciato a sequenziare il DNA della pianta, si è scoperto che la Robusta è il genitore dell’Arabica. L’Arabica è indubbiamente la specie più diffusa, sia per l’adattabilità ai climi inospitali, sia per quanto riguarda i consumatori che ricercano un caffè di qualità. L’altezza della pianta varia tra i 3 e i 5 metri, cresce ad un’altitudine compresa tra i 900 e 2000 metri a temperature che si aggirano tra i 15 e i 24 gradi, ha un minore contenuto di caffeina rispetto alla Robusta che va dallo 0,7 al 2 %, e una maggiore presenza di zuccheri e di grassi che sono i precursori di aromi. A differenza dei Robusta ha un patrimonio genetico composto da 48 cromosomi ed è definita qualitativamente più pregiata rispetto alla Robusta. La differenza fondamentale tra queste due varietà, che poi ne determina anche l’aspetto qualitativo, come già citato in precedenza è data dalle altitudini diverse in cui crescono e dalla quantità di caffeina che presentano. La Robusta crescendo ad altitudini inferiori tra i 200 e i 600 metri, si trova in condizioni climatiche più svantaggiate da un punto di vista parassitario, dove la presenza di questi ultimi ne è maggiore, la pianta per difendersi adotta un rimedio naturale che sarebbe la caffeina, che oltre a difendere se stessa ha anche la caratteristica di reprimere quelle che sono le qualità aromatiche del chicco. L’Arabica crescendo in zone ad altitudini tra i 900 e i 2000 metri ed essendo meno soggetta ad attacco da parte dei parassiti si ritrova a dover sprigionare meno caffeina e di conseguenza riesce a preservare le caratteristiche aromatiche del chicco, che successivamente ci ritroveremo in tazza.

La tostatura

Il processo di tostatura è ciò che trasforma il seme della pianta (chicco di caffè verde) in chicco di caffè tostato, dalla straordinaria complessità e ricchezza di aromi. Esistono diversi metodi di tostatura che differiscono in base al tipo di tostatrice che si va ad utilizzare. Abbiamo la tostatrice a tamburo, che è la più utilizzata dai torrefattori artigianali, perché in grado di tostare a velocità inferiori rispetto a quelle usate dalle grandi distribuzioni. Il tamburo di metallo gira sopra la fiamma tenendo i chicchi costantemente in movimento e assicura una tostatura uniforme. La tostatura avviene tramite l’afflusso di aria calda che può essere regolata tramite l’aumento o la diminuzione della fiamma. Tostatrici a letto fluido che movimentano e riscaldano i chicchi con getti di aria calda che attraversano la macchina, i tempi di tostatura sono molto più veloci e i chicchi tendono a gonfiarsi notevolmente. Tostatrici tangenziali sono simili a quelle a tamburo e hanno pale interne che mescolano uniformemente il caffè mentre viene riscaldato, vengono utilizzate soprattutto per le tostature di grandi quantità ed hanno tempi di tostatura più veloci. Tostatrici centrifughe permettono la tostatura del caffè a grandissime quantità e in pochissimo tempo, i suoi tempi di tostatura possono arrivare anche ad appena 90 secondi rispetto ai 18 o 20 minuti necessari solitamente per quella a tamburo. Questo tipo di tostatura non è concepita per assicurare la qualità in tazza, ma è dedicata soprattutto per il caffè di uso solubile. La tostatura del caffè può essere lenta o veloce, chiara o scura. Quelle che vengono definite tostature lente necessitano di circa 14-20 minuti, e danno luogo ad una perdita di peso tra crudo e tostato di circa il 20% a differenza della tostatura veloce che può essere svolta anche in soli 90 secondi e porta a una perdita di peso quasi nulla. La tostatura lenta viene utilizzata soprattutto dai piccoli artigiani produrrà una tazzina di caffè migliore e ad un costo maggiore. Il processo di tostatura serve per controllare tre componenti fondamentali che sono l’acido, il dolce e l’amaro. Più il caffè viene tostato minore acidità avremo, però aumenterà l’amaro, quindi per trovare ed esaltare soprattutto la dolcezza converrebbe utilizzare una tostatura né troppo chiara né troppo scura. Un buon torrefattore sa decretare il punto di massima dolcezza rispetto al grado di tostatura. La tostatura del caffè si sviluppa in diverse fasi, la prima fase è detta fase di asciugatura, il caffè crudo appena immesso nella tostatrice contiene circa il 7-12% di acqua, e fino a quando l’acqua non viene eliminata il caffè non può cominciare a imbrunirsi, durante questi primi minuti di tostatura il caffè non cambia né in aspetto né in odore, la seconda fase è detta fase di ingiallimento, una volta estratta l’acqua dal chicco possono avvenire le prime reazioni di imbrunimento, i chicchi sono ancora molto densi, però presto cominceranno ad espandersi, in questa fase avviene anche la separazione della pula dal chicco, che sarebbe lo strato sottile superficiale che riveste quest’ultimo. Terza fase detta fase primo crack, appena l’imbrunimento comincia a prendere vigore, si ha un accumulo di gas, per lo più anidride carbonica, quando la pressione diventa eccessiva il chicco si espande e raddoppia il suo volume, da questo momento in poi cominciano a prodursi tutti i sapori e gli aromi. Quarta fase, fase di sviluppo aromatico, dopo il primo crack i chicchi ancora sono duri all’interno, in questa fase della torrefazione si decide il grado finale di tostatura, qui il torrefattore può stabilire l’equilibrio tra acidità, amarezza e dolcezza del prodotto, tenendo conto che il proseguire del processo di tostatura apporta un aumento di amaro, una diminuzione di acidità e anche degli aromi.

L’espresso

Con il termine espresso vengono considerati tutti i caffè ottenuti attraverso l’acqua calda inviata su un letto di caffè ad una certa pressione. Il metodo espresso oltre ad essere il metodo più utilizzato, è anche considerato il metodo più veloce dell’estrazione del caffè, si stima infatti che in tutto il mondo siano presenti oltre due milioni di macchine professionali che erogano caffè espresso, senza considerare tutte quelle che vengono utilizzate per l’uso domestico. Per molti bevitori di caffè una delle caratteristiche fondamentali dell’espresso è lo strato di crema densa che ricopre la bevanda. Quando l’acqua è sottoposta ad altissima pressione è in grado di dissolvere più anidride carbonica, che è un gas che si è prodotto nel caffè durante la tostatura. La crema è da sempre considerata importante e ci può dire due cose, se il caffè è relativamente fresco, perché più tempo passa dalla tostatura meno anidride carbonica esso contiene, e il grado di tostatura del chicco di caffè, un caffè tostato più scuro avrà una crema più scura. Per preparare un espresso il caffè macinato viene posto in un braccetto con contenitore metallico, in quest’ultimo il caffè viene compresso in modo da appiattirlo e livellare la superficie, successivamente viene agganciato alla macchina e si aziona la pompa, la macchina spedisce l’acqua quasi bollente (circa 90 gradi) direttamente sul letto del macinato per poi scendere attraverso il beccuccio direttamente nella tazzina. Per fare un buon espresso bisogna tenere presente del peso del caffè macinato da usare (circa 7 grammi per caffè), della quantità di acqua da immettere nel macinato, della durata della preparazione e della temperatura che l’acqua deve avere durante la preparazione. Quando si prepara l’espresso lo scopo finale deve essere quello di produrre una determinata quantità di bevanda in un certo intervallo di tempo, di solito il rapporto deve essere 1:2, esempio se si vanno ad utilizzare 14 grammi di macinato si devono ottenere 28 grammi di liquido in un tempo che va dai 25 ai 29 secondi.

La moka

La moka fu inventata da Alfonso Bialetti nel 1933, che è ancora oggi il leader mondiale per la produzione di questa caffettiera. Si stima che ve ne siano in circolazione circa 150 milioni, una ogni dieci nuclei familiari, si possono trovare in alluminio o in acciaio inox. La moka è una caffettiera composta da una caldaia per il riscaldamento dell’acqua che si trova nella parte inferiore, da un filtro a forma di imbuto, per contenere la polvere di caffè che si trova nella parte mediana, e da un brico nella parte alta per raccogliere la bevanda una volta pronta. Essa sfrutta il principio di cambiamento dell’acqua dallo stato liquido a quello a vapore. Con il riscaldamento cresce la pressione del vapore e spinge l’acqua attraverso l’unica via di uscita, la parte terminale dell’imbuto. Quando la pressione è sufficientemente alta da superare anche la resistenza del letto di caffè posto nel filtro, il liquido defluisce nella parte superiore della caffettiera. La temperatura massima dell’acqua che si può raggiungere in fase di estrazione è 98 gradi, la pressione all’interno della caldaia è di 2,5 bar, mentre la temperatura del caffè nel brico è di circa 85 gradi. Vediamo come preparare la moka a regola d’arte: riempire la caldaia se possibile di acqua già calda fino a sfiorare appena la valvola di sicurezza(cercare di non superare mai quest’ultima), riempire il filtro e cercare di livellarlo uniformemente senza pressare troppo il macinato e senza creare torrette, avvitare bene la parte superiore con la parte inferiore, mettere la moka su fuoco medio-basso lasciando sollevato il coperchio, ascoltare bene, quando si sentirà il caratteristico gorgoglio, quello sarà il momento in cui va spento il fuoco, non lasciare oltre altrimenti il caffè si renderà amaro, chiudere immediatamente il coperchio e passare la parte inferiore sotto l’acqua fredda per apportare immediatamente un calo di temperatura che farà condensare il vapore e scomparire la pressione, ora vi potete godere un buon caffè.

L’assaggio dell’espresso

Riuscire a descrivere e valutare il caffè che stiamo bevendo non è facile, ma proviamo a farlo insieme. Il caffè viene percepito da due diverse sedi: la bocca e il naso. Nella bocca riusciremo a percepire l’acidità, il dolce, il sapido e il saporito, mentre dal naso riusciremo a percepire i diversi aromi(cioccolato, nocciola, frutti vari, frutta secca, caramello, spezie ecc…), queste due esperienze si intrecciano e la separazione da gusto e aroma è davvero difficile, diventa più facile se cerchiamo di concentrarci su un particolare aspetto alla volta. L’analisi degustativa di un caffè espresso prende in esame cinque aree fondamentali: -aspetto visivo: in cui si prende in esame la colorazione della bevanda; -aroma: tramite recettori olfattivi si cerca di intrappolare gli aromi volatili; -gusto: quando la bevanda entra in diretto contatto con la lingua e il palato troviamo le informazioni relative all’intensità di acido, dolce, amaro o salato. -corpo: la lingua e le gengive sono in grado di dare informazioni sulle caratteristiche tattili del caffè che ci aiutano a descrivere l’intensità del corpo (come morbido, cremoso, setoso, ecc…); -retrogusto: tutto ciò che si percepisce al palato dopo aver ingerito il caffè rientra nella descrizione del retrogusto, e ci aiuta a descrivere le caratteristiche sensoriali di persistenza e intensità. Una volta compresi i passaggi fondamentali della valutazione dell’espresso cerchiamo di capire come deve essere un buon caffè a regola d’arte. Il suo aspetto visivo in tazza deve essere di color nocciola con striature marroncine più scure; gli aromi percepiti tramite l’olfatto devono presentare sentori positivi e mai negativi, alcuni esempi di sentori positivi possono essere: cacao, vaniglia, caramello, frutta secca, sapori agrumati (come arancia, limone, mango, o anche miele), mentre per quanto riguarda i sentori negativi possiamo trovare terra, fumo, cenere, carne grigliata, gomma bruciata, muffa, erba, acqua stagnante ecc.; al gusto un buon caffè deve presentare un’acidità medio-bassa e deve essere dolce, non deve mai andare sull’amaro o sul salato; il suo corpo deve essere cremoso, morbido, sciropposo o setoso, per quanto riguarda i descrittori qualitativi positivi, mentre per quanto riguarda quelli negativi non deve essere secco, ruvido o astringente; infine il retrogusto deve presentare una buona intensità, e dobbiamo percepire sempre dolcezza e aromi positivi.

I benefici

Il caffè se preso in giuste dosi può apportare molti benefici per il nostro organismo. Ciò che viene ritenuto un consumo corretto va dalle tre alle quattro tazzine al giorno e a stomaco pieno. Vediamo quali sono gli aspetti ritenuti salutari che possono essere attribuiti a questa meravigliosa bevanda. - Il caffè è ricco di antiossidanti, ciò aiuta a contrastare l’invecchiamento e si stima che gli antiossidanti contenuti nella bevanda vengono maggiormente assorbiti dal nostro organismo rispetto a quelli che si trovano nella frutta e nella verdura. - Uno studio condotto dal Dott. Ronald Postuma ha dimostrato che la bevanda può ridurre anche i sintomi del morbo di Parkinson, e inoltre aiuta a controllare i movimenti in chi soffre di questa malattia. - Fa bene anche al fegato, dopo numerosi studi si è arrivati alla conclusione che coloro che bevono caffè hanno il 20% di probabilità in meno di ammalarsi di cirrosi epatica. -Si è dimostrato inoltre che il caffè abbassa il rischio di tumori alla pelle, sono stati presi in campione un certo numero di persone tra chi assumeva questa bevanda e chi non la assumeva, i tumori della pelle erano di gran lunga minori in chi lo assumeva. -Dimezza il rischio di diabete di tipo 2, il consumo di quattro o più tazzine di caffè al giorno riduce notevolmente la possibilità di ammalarsi di questo tipo di malattia. -Apporta enormi benefici e riduce il rischio di Alzheimer. Si è fermamente convinti che consumare il caffè con regolarità possa ridurre in modo apprezzabile il rischio di ammalarsi o di contrarre il morbo più tardi rispetto a chi non ne fa uso. -Inoltre è dimostrato che il caffè rende più intelligenti nel senso che permette al cervello di lavorare in modo più efficiente e brillante, questo grazie alla caffeina che migliora la concentrazione e l’attenzione. -Il caffè aiuta contro la depressione, si è riscontrato che chi fa uso di questa bevanda è più facile che non cada in depressione, e questo anche grazie ai suoi antiossidanti. -Infine rende meno stressati, infatti una ricerca fatta a Seul dalla National University esaminando il cervello dei topi sotto stress per carenza di sonno, è riuscita a dimostrare come il semplice profumo del caffè riusciva a provocare cambiamenti nelle proteine che contrastano questo stress.
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